Il commento di don Maurizio al concerto spirituale “Il germoglio di Jesse” di venerdì…
IL GERMOGLIO DI JESSE
Lo scopo della mia introduzione è dire come il Germoglio di Jesse diventa seme fecondo: In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Jesse nella Bibbia è il Padre di Davide e noi troviamo nell’arte di ogni tempo un’iconografia splendida dell’albero di Jesse: l’albero della discendenza. Mentre però negli alberi genealogici il capostipite sta in alto e poi man mano scendono i “discendenti”, nell’albero di Jesse avviene il contrario: Jesse sta in basso e i rami del suo albero vanno verso l’alto proprio perché nel ramo più alto appare Maria che presenta suo Figlio Gesù. Una icona di questo soggetto, sicuramente di grande valore, sta in una vetrata della cattedrale di Chartres. In tutte queste immagini o sculture c’è comunque un denominatore comune: Jesse dorme. Questo sonno, come per Adamo, è per indicare che le chiavi della vita e della storia sono nelle mani di Dio.
Ma l’icona che voglio indicare all’inizio di questa meditazione musicale è la facciata della Cattedrale di Strasburgo. Anomala è la sua collocazione perchè solitamente sulla lunetta dell’archivolto delle cattedrali medievali appare il Giudizio universale qui invece l’albero di Jesse. Ma anche qui dobbiamo constatare un’ulteriore anomalia: non ci sono i volti o le figure dei re d’Israele, ma soltanto Davide in trono che canta, poi tanti leoni. Questo per indicare il “leone di Giuda” secondo la benedizione di Giacobbe di Gen 49, citata dall’Apocalisse. L’albero è dunque sostituito da una scala ascendente in cui un leone grande comunica il suo spirito a un leoncino piccolo che sta un gradino sopra di lui comunicandogli così il soffio vitale.
In alto poi la Madonna con il bambino: il vero Re, quello che “ha il trono di Davide suo Padre, ma il cui regno non avrà fine” perché vittorioso sul peccato e sulla morte. Colui che ricapitola tutte le cose della storia.
Questa immagine straordinaria è resa possibile dal fatto che, se questo germoglio avesse scelto lo stile della sua regalità come gli era stata proposta da satana nel deserto “prostrati davanti a me e ti darò tutti i regni del mondo” sarebbe rimasto solo. La sua regalità invece si manifesta come seme che muore, feconda la terra e la storia e rinasce, rivive in tutti coloro che ascoltano mettono in pratica la sua Parola. Per questo la creatura più bella che può presentarci questo re è proprio Lei Maria, sua Madre.
Dopo questa immagine plastica cammineremo nel percorso musicale di questa sera con diverse immagini affidate alla musica.
Partiremo dall’unisono, dal suono unico, dalla cellula del nascituro, che si apre poi nelle sue prime componenti più prossime. Il principio è dunque un annuncio (germoglio) che porta in sé il destino ultimo (seme che muore).
Troveremo qualche dissonanza, qualche disarmonia che ci porta fuori dal percorso melodico al quale siamo più abituati, sappiate che questa fatica dell’ascolto è un segno che la rinascita del seme non avviene senza dolore, senza che il morire non provochi sofferenza. Come l’offerta di un agnellino immacolato che diventa segno di benedizione per tutta l’umanità. Come la sofferenza del parto di Maria che permette al Germoglio di Jesse di fiorire e dà alla luce il Figlio di Dio,
Così gli Angeli si meravigliano del Figlio che, dall’essere Dio, sceglie un corpo di Uomo.
Nella parabola del Fariseo e pubblicano Dio sconvolge la logica di questo mondo: il fariseo “il giusto” non gradito a Dio: il pubblicano “escluso lontano e reietto” è invece “accolto”
Il dolore della Madre che si stacca dal Figlio nell’ora della morte.
Il nostro momento quaresimale questa sera vuole essere una meditazione sul dolore del chicco che muore, ma per germogliare nella speranza della fede; il buio della terra, preludio della luce della Pasqua. Il Germoglio e il seme insieme ci dicono che c’è un disegno più grande delle nostre piccole esistenze: recita Rilke. Va verso lo sposo che arriva; va oltre quei due suoni che stridono: essi stridono perché cercano, intensamente, e nel movimento trovano finalmente la bellezza del canto.
Sull’esito dell’esecuzione poi è assolutamente difficile dire. Benedetto chi c’era!
Canto che più che ascoltato, ci ha avvolto. Canto che, espandendosi, ci ha veramente elevati. Canto che più che musica è diventato contemplazione. Canto carico di silenzi gonfi di misticismo. Canto che ci ha svelato un Mistero grande. Canto meditato e accolto nel grande silenzio dell’anima. Canto generato da un dolore “pacificato” perché preludio di nascita, di vita nuova. Canto dell’ora segnata da dolci rintocchi, preludio dell’ Ora della Gloria. Suoni dell’organo quasi impalpabili, improvvisati su ricordi di echi lontani generati dal canto stesso. Una serie di brani diversi per stile e struttura ma legati da un filo rosso che ha fatto di questo momento musicale uno splendido “Tutt’uno”. Un grazie dunque va alle otto Virgo Vox e all’organista Roberto Mucci per questo grande dono che ci ha fatto gustare la profondità del tempo di Quaresima e ci ha aperto al grande “frutto” che il seme, morendo, ci ha donato nella vita nuova della Pasqua.
Don Maurizio
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