L'introduzione commento di don Maurizio al concerto di sabato scorso 23 marzo unitamente ad una serie di immagini dell’evento
Responsori delle tenebre
Attendite et videte si est dolor similis dolor meus
Fermatevi e sappiate che io sono Dio, dice una bella antifona ambrosiana
Il versetto di questo responsorio traduce con impressionante evidenza le immagini, le scene drammatiche della passione e morte di Gesù e ci invita a fermarci, a contemplare, a non essere un passante distratto, un turista, ma a partecipare a questo dolore: “fa che questo tuo dolore io lo senta pure in me.,” dice l’anima del credente a Maria nello Stabat mater.
Così è dei responsori musicati da Gesualdo. Gesualdo traduce in musica qto detto in questa strofa dello Stabat mater: ci fa sentire il dolore!
Troviamo una scrittura tormentata, visionaria molto innovativa per il suo tempo,
G fa frequente ricorso al cromatismo e ad una polifonia tortuosa e ricca di dissonanze ed asperità di vario genere. Il fine è chiaro: vivere un vero e proprio percorso di contrizione, di partecipazione alla Passione di Cristo.
Questa è una delle sue ultime composizioni del 1611 Gesualdo morirà due anni dopo è probabile che il compositore viva un periodo oscuro e sofferente della sua vita e ritrovi in questa musica una sorta di compartecipazione alle sofferenze del Cristo vissute nella propria carne.
Vivere il dolore in prima persona dà la drammatica forza a questa musica e ci invita a posare lo sguardo sulle piaghe della nostra umanità.
Come “brucia” questa contemplazione. Come non ci distoglie dalla realtà, ma ci immerge ancora più profondamente in essa! Vogliamo condividerla con coloro che stanno vivendo questo dolore nella propria carne, nella malattia, nella morte dei propri cari, nella lontananza dagli affetti familiari, nella guerra.
La vita non può essere soltanto una corsa affannosa, ma ascolto di una parola, di una situazione, di una sofferenza, di un dolore, di una necessità.
Forse è questo l'inizio della redenzione, il frutto più bello della Pasqua. Tutti siamo coinvolti, nessuno è escluso e forse il dono della redenzione sta proprio qui, nella nostra volontà di fermarci a contemplare.
Quando la melodia della vita si riempie di dissonanze allora il risultato è una musica come questa: asprigna, piena immagini ardite, esasperate e pungenti (valga tra tutti il caso di Tristis est anima mea, uno dei tanti vertici della raccolta). In particolare et ego vadam immolari pro vobis.
Se lì avrete un momento di smarrimento per un’armonia talmente dilatata da generare qualche perplessità per il difficile ascolto
se li facendo un salto di tre secoli dovreste paradossalmente pensare che Gesualdo sia stato in qualche modo maestro o allievo di Schoenberg
Forse non siete lontani dalla verità!
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